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Riforma del catasto, pagheremo più tasse?

Continua a far discutere la riforma del catasto, che mira a modificare il sistema di rilevazione dei dati catastali degli immobili.

È stata approvata i primi di marzo la nuova riforma del catasto, contenuta nell’art. 6 della delega al Governo per la riforma fiscale (del 5 ottobre 2021), che stabilisce i “Principi e i criteri direttivi per la modernizzazione degli strumenti di mappatura degli immobili e la revisione del catasto fabbricati“.

Si tratta di una decisione che ha diviso e fatto discutere sin da subito, basti pensare che la riforma è diventata esecutiva per la differenza di un solo voto: 23 favorevoli contro 22 contrari.

Ma cosa prevede esattamente la riforma del catasto voluta dal Governo Draghi e inserita nella delega fiscale?

La vera novità è rappresentata dalla necessità di aggiornare l’archivio con gli immobili e i terreni non dichiarati.

L’Agenzia delle Entrate e i comuni saranno dotati di strumenti per individuare i cosiddetti “immobili fantasma”, ma anche quelli che non rispettano la reale consistenza, la destinazione d’uso o la categoria catastale attribuita.

Un altro elemento da considerare sono i nuovi criteri (da affiancare agli attuali) per avvicinare le rendite catastali ai valori di mercato. A questo proposito, l’articolo 6 prevede la delega al Governo per l’adozione di norme volte a modificare il sistema di rilevazione catastale degli immobili.

L’obiettivo è quello di facilitare l’individuazione e la corretta classificazione degli immobili, con l’adozione di nuovi principi e criteri per l’integrazione delle informazioni presenti nel catasto dei fabbricati.

All’unità immobiliare andranno attribuiti un valore patrimoniale e una rendita attualizzata in base al valore di mercato, anche attraverso meccanismi di monitoraggio e di adeguamento. Per le unità immobiliari di interesse storico o artistico verranno introdotte riduzioni del valore patrimoniale in ragione dei più gravosi oneri di manutenzione e conservazione.

Tali informazioni dovranno essere disponibili a partire dal primo gennaio 2026 e non verranno utilizzate per la determinazione della base imponibile dei tributi derivanti dalle risultanze catastali, né per finalità fiscali.

Cambia il sistema di rilevazione: pagheremo più tasse?

Dunque la legge delega appena approvata prevede di mappare entro il 2026 gli immobili esistenti adeguando le rendite catastali secondo i valori di mercato.

Draghi l’ha definita “un’operazione di trasparenza”, perché, sempre secondo il Premier, ad oggi il catasto contiene dati fasulli, si basa su valori definiti molti anni fa che ormai hanno poco a che fare con la realtà, motivo per cui è necessario far emergere gli immobili “fantasma” sparsi per tutto il Paese, oltre a quelli accatastati in modo irregolare.

C’è da dire, però, che il tema della riforma del catasto è molto delicato, perché si intreccia con la discussione sulla tassazione di beni e proprietà.

Il timore di molti proprietari è quella di pagare più tasse, qualora l’imposizione fiscale venisse calcolata non più sulla base dei vecchi dati, ma sul valore attuale di mercato dell’immobile, che per alcuni sarebbe decisamente più alto.

Tuttavia Draghi rassicura su questo aspetto, sottolineando che nulla cambierà e che è escluso l’utilizzo delle nuove rendite per finalità tributarie.

L’adeguamento delle rendite catastali sarà periodico e calibrato ai valori di mercato, ma non avrà rilevanza a fini fiscali e non verrà in ogni caso usato per la determinazione della base imponibile di tasse e tributi.

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