Che cosa si intende per plusvalenza sulla prima casa? La tassazione è sempre obbligatoria? Facciamo chiarezza.
Da sempre in Italia il settore immobiliare rappresenta un porto sicuro nel quale convogliare i propri risparmi sia per l’acquisto di un’abitazione per la propria famiglia, sia come fonte di guadagno.
Qualsiasi sia la motivazione che spinge all’acquisto, nel corso della vita può capitare di dover procedere anche con la vendita di un immobile: in questo caso è bene aver chiaro il concetto di plusvalenza sulla prima casa e che cosa implica.
Che cos’è la plusvalenza sulla prima casa?
In parole semplici, si intende l’aumento del valore di mercato del bene immobiliare rispetto al suo prezzo di acquisto.
Da un punto di vista matematico quindi è semplicemente la differenza che si crea tra il prezzo a cui la casa viene venduta e quello pagato per l’acquisto: ad esempio, se l’immobile è stato acquistato al prezzo di 175 mila euro e viene rivenduto dopo un determinato periodo di tempo a 200 mila euro, la plusvalenza sarà pari a 25 mila euro.
Naturalmente creare plusvalenza sulla prima casa è il sogno di chi per professione si occupa di investimenti in questo settore. Tuttavia, la plusvalenza può essere generata anche dalla rivendita di una casa che non necessariamente è stata acquistata con lo scopo di generare un profitto, ma su cui sono state apportate delle migliorie attraverso degli interventi di ristrutturazione.
Come si calcola la tassazione?
Trattandosi a tutti gli effetti di un profitto, la plusvalenza sulla prima casa è anche soggetta a una serie di vincoli e di costi di cui tener conto, tra cui le tasse.
In particolare, la Legge Italiana mette a disposizione due opzioni per far fronte alla tassazione su questo particolare tipo di reddito:
- La prima consiste nel pagamento dell’IRPEF comunicando direttamente all’Agenzia delle Entrate la plusvalenza ottenuta dalla compravendita. In questo caso l’importo sarà calcolato in base al proprio scaglione contributivo.
- La seconda soluzione è quella di pagare l’imposta sostitutiva che prevede un’aliquota del 26% da corrispondere al momento del rogito notarile. In questo caso si occuperà di tutto il notaio, il quale è tenuto non solo a gestire le questioni classiche del rogito, ma anche a calcolare la tassa, stabilendo di fatto la cifra da versare all’Agenzia delle Entrate.
Plusvalenza sulla prima casa: casi particolari
Ci sono però dei casi particolari nei quali la plusvalenza sulla prima casa non viene tassata:
- la prima circostanza è quella in cui l’immobile viene venduto una volta trascorsi 5 anni dall’acquisto;
- la seconda riguarda, invece, un immobile ricevuto in eredità. Anche in questo caso la Legge non prevede il pagamento delle tasse a patto che l’immobile venga venduto entro i 5 anni dal momento in cui si è acquisito;
- il terzo ed ultimo caso riguarda la vendita di un immobile adibito ad abitazione principale. Per poter rientrare in questa casistica, si dovrà quindi dimostrare che l’immobile in questione è la residenza principale del proprietario oppure di uno dei componenti del suo nucleo familiare.