Scopri se e quando è possibile annullare il preliminare di vendita sottoscritto.
Se hai deciso di vendere o di comprare un immobile, devi sapere che i passi da affrontare dal punto di vista burocratico prima di arrivare al rogito sono 3, ed in questo ordine: la proposta, il preliminare ed infine il rogito.
Una volta effettuata la proposta si passa alla redazione di un preliminare di vendita, un passaggio intermedio nel quale si mette nero su bianco l’accordo raggiunto nella prima fase.
A questo punto è comunque possibile che la situazione cambi e che si avverta la necessità di annullare il compromesso stipulato: ma quando è possibile operare in tal senso? E quali sono le conseguenze?
Analizziamo insieme tutte le casistiche.
Che cos’è il preliminare di vendita?
Innanzitutto è bene chiarire che il contratto preliminare, detto anche compromesso, è un contratto a tutti gli effetti, una vera e propria obbligazione con cui le due parti stipulanti (acquirente e venditore) si impegnano a vicenda a finalizzare il rogito.
Con il contratto preliminare non si verifica il trasferimento effettivo della proprietà (che avverrà soltanto al momento del rogito), ma si va a chiarire in maniera formale quello che è l’accordo raggiunto durante la fase di proposta, tra cui il prezzo, le modalità, l’eventuale caparra e così via.
Per essere valido, il compromesso deve essere redatto in forma scritta e nella stessa forma del contratto definitivo, altrimenti verrà considerato nullo, così come sottolineato dall’art.1351 del Codice Civile.
Inoltre, una volta sottoscritto, il contratto preliminare deve essere obbligatoriamente registrato entro 30 giorni presso l’Agenzia delle Entrate affinché sia considerato valido e si possa quindi procedere con il rogito finale.
Quando è possibile annullare il preliminare di compravendita?
Come abbiamo già anticipato, una volta redatto il compromesso, può accadere che una delle due parti decida di ritirarsi dall’accordo.
Le conseguenze e le modalità di annullamento dipendono però dalla situazione particolare e quindi quale delle due parti stipulanti risulta inadempiente. Facciamo chiarezza.
- Risoluzione consensuale
Questa prima casistica è senza dubbio quella più semplice. Infatti, con la risoluzione consensuale entrambe le parti in causa decidono di sciogliersi dal contratto per cui l’impegno preso verrà annullato di comune accordo.
La risoluzione consensuale non richiede quindi alcuna pronuncia da parte di un giudice, ma si può comunque scegliere di mettere a punto e firmare una scrittura privata che sancisca le modalità dello scioglimento e definisca che cosa fare delle eventuali caparre versate.
- Acquirente inadempiente
Nel caso, invece, in cui sia soltanto l’acquirente a tirarsi indietro, la parte venditrice avrà tutto il diritto di trattenere la caparra, versata appunto per evenienze di questo genere.
Inoltre, in caso di caparra confirmatoria, il venditore potrà richiedere al giudice la risoluzione del contratto ed un ulteriore indennizzo per il danno subito.
- Venditore inadempiente
Viceversa, se è il venditore ad essere inadempiente e quindi a non rispettare quanto previsto all’interno del preliminare di vendita, l’acquirente può richiedere al giudice la risoluzione del contratto, il versamento in misura doppia della caparra, oppure rivolgersi al tribunale per richiedere il trasferimento forzato della proprietà, anche in assenza della collaborazione del venditore.
In ogni caso l’acquirente potrà ottenere il risarcimento dell’eventuale danno subito a causa della condotta illecita del venditore.
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